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Pillole di Bon Ton – Come vestirsi a un matrimonio: sposa, sposo e tutto il seguito

C’è un momento, in ogni preparativo di nozze, in cui la domanda arriva puntuale, inesorabile, a metà tra un battito del cuore e un brivido da armadio spalancato: 
“E adesso… cosa mi metto?”

Mi chiedevo…
esiste ancora un dress code nei matrimoni, oppure oggi vince la libera interpretazione?

Anche per un matrimonio a Tenuta Serradesca, orientarsi tra eleganza, tradizione e creatività può diventare un piccolo campo minato. 
Eppure, c’è qualcosa di profondamente affascinante nel vestire per un giorno speciale: il matrimonio, dopotutto, è ancora uno dei rari momenti in cui l’abito non è solo estetica, ma gesto simbolico, rito, memoria.

Il segreto, oggi, sta tutto nel trovare un equilibrio: rispettare il contesto, avere attenzione per l’occasione, non rinunciare all’originalità e — soprattutto — restare se stessi, con eleganza.

E così, partendo da quella celebre formula portafortuna (“qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato, qualcosa di blu”), oggi esploriamo tutto ciò che c’è da sapere su come vestirsi…
quando non si tratta solo di vestirsi bene, ma di celebrare qualcosa che resta.

LA SPOSA: TUTTO PARTE DA UN ABITO

C’è un momento — di solito a metà tra la proposta e il primo sorso di prosecco con le amiche — in cui la sposa inizia a pensare all’abito.
E non a un abito qualsiasi. A quell’abito. Quello che racconterà tutto, senza dire una parola. Quello che apparirà in decine di foto, attraverserà una navata, ballerà fino a mezzanotte e, un giorno, verrà ricordato come “l’abito con cui ho detto sì”.
 In teoria, la regola è una: scegli quello che ti fa sentire te stessa, nella tua forma migliore.
In pratica? Qualche piccola regolina c’è ancora… e per fortuna.

Il bianco — o le sue mille declinazioni: avorio, panna, cipria — è ancora il colore simbolo. L’abito da sposa non deve travestire, deve raccontare. E come in ogni buon racconto, il contesto è tutto.

Se la cerimonia è in chiesa o in cattedrale, meglio scegliere un modello più strutturato, magari con spalle coperte, tessuti importanti, e — perché no — un bel velo lungo che sfiori il pavimento (sì, il velo lungo va bene solo in contesti solenni).


Per un matrimonio civile o all’aperto, in una location country chic invece, via libera a linee morbide, abiti boho, lunghezze midi o tagli moderni: l’eleganza può essere anche leggera, se resta coerente.

E poi ci sono i dettagli.
Il bouquet, sempre nella mano sinistra e mai più grande del necessario (nessuna vuole sembrare nascosta dietro a un cespuglio profumato).
E le scarpe, invisibili ma decisive: il bon ton le vuole chiuse, specialmente in chiesa. Ma soprattutto: belle, sobrie, e così comode da poterci arrivare al taglio della torta senza rimpiangere le sneakers dimenticate in macchina.

LO SPOSO: ELEGANZA SENZA EFFETTI SPECIALI

Parliamoci chiaro: per anni lo sposo è stato considerato un accessorio della sposa.
Un punto fermo in nero, al fianco di tulle, bouquet, veli svolazzanti, ma oggi — finalmente — anche lui ha riconquistato il suo spazio.
E lo ha fatto con stile.

Lo sposo contemporaneo non si accontenta più del primo completo disponibile in negozio.
 Si informa, prova, si guarda allo specchio con quel misto di “spero che piaccia a lei” e “voglio sentirmi bene io”.
 E fa bene.
 Perché anche se non si parla mai abbastanza del dress code maschile, anche per lui ci sono delle piccole, preziose regole di bon ton che fanno la differenza.

IL COMPLETO GIUSTO

Il più elegante dei sì, di solito, si pronuncia in un abito tre pezzi: giacca, pantalone, e gilet coordinato.
 Sobrio, raffinato, perfetto per quasi tutte le cerimonie, da quelle all’aperto a quelle più classiche.
Per quanto riguarda i colori, blu navy, grigio medio, tortora o sabbia se l’evento è di giorno e in stile country-chic. Nero solo di sera, e solo se non si rischia di sembrare pronti per un premio Oscar.

Il famoso tight — con gilet grigio perla e pantalone a righe — ha il suo fascino, è vero.
 Ma attenzione: va indossato solo per cerimonie molto formali, celebrate prima delle 18, e se anche il padre della sposa e i testimoni lo indossano. Altrimenti si rischia l’effetto comparsa da Downton Abbey in trasferta lombarda.

Il frac, invece, con la sua coda lunga e il panciotto bianco, è l’apice della formalità serale.
È concesso solo dopo le 18, e solo in contesti altamente solenni e coerenti: teatri, ricevimenti di gala, castelli veri e cerimonie da manuale.

Lo smoking è per i red carpet, non per i matrimoni.
A meno che non si tratti di un evento serale con dress code black tie dichiarato (e rarissimo in Italia), meglio evitarlo.
È elegante, certo. Ma anche fuori contesto.

LA MAMMA DELLA SPOSA

Se c’è un ruolo delicato e pieno di sfumature nel giorno del matrimonio, è quello della mamma della sposa.
 Non è la protagonista, certo. Ma non è nemmeno una comparsa. È lì, presente con grazia, a metà tra emozione e controllo della situazione, tra lacrima pronta e correttore waterproof.

E quando arriva il momento di scegliere cosa indossare, ecco che tutto si fa sottile.

Il bon ton — quello vero — suggerisce qualche regolina gentile: niente bianco (ovviamente), niente nero totale (a meno che non sia un tono profondo e spezzato con accessori chiari), niente lustrini da discoteca.
 Sì ai colori pieni ma soft: cipria, carta da zucchero, salvia, lavanda, grigio perla, blu intenso.
 E poi c’è il tema “coordinarsi con la figlia” — spigoloso, lo so.
Ma la verità è che, in una giornata fatta anche di immagini, stare bene accanto alla sposa è un atto d’amore. Non vuol dire vestirsi uguali (nessuno lo vuole), ma essere in sintonia, senza sovrastare e senza sparire.


Un abito midi o lungo con una bella linea, un tessuto che cade bene, un tacco comodo ma femminile e qualche gioiello di famiglia che sa raccontare qualcosa di voi — senza bisogno di parole.

E poi, il cappello. Quel tocco da film inglese che ogni tanto fa venire voglia di giocare con lo stile.
Il galateo dice che la mamma della sposa può indossare il cappello solo se anche la sposa lo approva — e solo se la cerimonia si svolge di giorno, all’aperto o comunque prima delle 18.
Un dettaglio di carattere, sì, ma solo se il contesto lo sostiene. Altrimenti meglio optare per un’acconciatura curata e un sorriso pronto.

Essere la mamma della sposa vuol dire tenere insieme presenza e discrezione, fermezza e dolcezza.
E in tutto questo, sì, anche il vestito ha il suo ruolo.

COME VESTIRSI DA DAMIGELLA… SENZA PERDERE SE STESSE

C’è qualcosa di magico nell’essere scelte come damigella.
 È un gesto d’amore, una piccola alleanza tra donne che si conoscono bene: “ti voglio accanto a me, in uno dei momenti più importanti della mia vita”.
 E poi arriva quel momento in cui, tra l’emozione e i vocali di gruppo, spunta l’annuncio: “ragazze, vi ho trovato l’abito perfetto… uguale per tutte!”

Ora. Se il gruppo è affiatato, la palette è sobria e le taglie sono flessibili, può funzionare.
Ma c’è una regola che il bon ton non negozia mai:
se la sposa desidera abiti identici per le sue damigelle, deve pagarli lei.
 Non è una questione di generosità, ma di delicatezza. L’uniformità può essere scenografica, certo — ma non può mai essere imposta a spese altrui.

Meglio, molto meglio, scegliere una palette condivisa (terracotta, salvia, cipria, sabbia…) e lasciare che ognuna trovi il modello che la valorizza.
Coordinarsi è bello. Omologarsi, no.

E se l’abito è quello giusto, tutte si sentiranno a proprio agi, nelle foto si leggerà l’armonia vera, non l’effetto catalogo.

IN CONCLUSIONE: INVITATI, CON STILE

Alla fine, resta una sola vera regola:
 il dress code non è un obbligo. È un gesto di attenzione.

Essere invitati a un matrimonio è un onore, e vestirsi per l’occasione è parte del “grazie” che si offre a chi ci ha scelto.
 Non serve strafare, non serve imitare. Basta chiedersi: sto rispettando l’occasione? Sto portando me stesso, ma nella mia versione più gentile, più curata, più adatta a questo giorno?

Le donne possono giocare con colori, tessuti, tagli, ma ricordando che il bianco è solo della sposa, che l’equilibrio tra personalità e misura è tutto, e che un paio di scarpe comode può salvare più di una serata.
 Gli uomini possono scegliere tra abito e spezzato, tra toni classici o naturali, ma sempre con cura: camicia stirata, scarpe pulite, niente improvvisazioni creative dell’ultimo minuto.

E poi ci sono i dettagli: una spilla, un cappello, un piccolo gesto di stile che racconta chi sei — ma con discrezione.

In fondo, vestirsi bene non è questione di etichetta.
È una forma di rispetto. Per gli sposi, per la giornata… e anche per sé stessi.

Contatti

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